Il benessere non sempre ha a che fare con cose artificiali e che oltretutto, spesso, producono un effetto contrario.
Le piccole cose: una sensazione, un’emozione, il sentirsi pronti mentalmente e l’accettazione di sé stessi.
Gli esercizi tibetani servono a costruire questa consapevolezza, giorno dopo giorno, con una pratica, seppur strana, intrisa di fascino, fatta di tanta costanza.
Gli esercizi tibetani, a differenza di tante altre tecniche, nascono dalla curiosità di un viaggiatore residente negli Stati Uniti (viveva attorno alle colline di Hollywood), Peter Kelder, che negli anni ’30 apprese questi esercizi tibetani attraverso i racconti del colonnello Bradford, ex ufficale dell’esercito inglese, che a sua volta li aveva acquisiti in India, direttamente dai monaci tibetani Lama.
Kelder, ricercatore cinematografico hollywoodiano, affascinato da questa pratica di esercizi tibetani, ha in seguito pubblicato un opuscolo intitolato “I Cinque Tibetani“, un piccolo decalogo di cinque movimenti utili, i cui benefici sono davvero efficaci; ad esempio, nel libro si narra di come lo stesso colonnello, curvo e calvo, tramite gli esercizi tibetani sia riuscito a recuperare la forma fisica, tanto da sembrare un quarantenne: dalla ricrescita dei capelli al miglioramento di vista, memoria, potenza sessuale, elasticità. Insomma, energia in generale.
Il primo degli esercizi tibetani consiste nel ruotare su sé stessi, come fanno i musulmani seguaci del Mahdi, che ruotano su se stessi centinaia di volte durante i riti religiosi, mentre i Lama ne compiono solo 12, per stimolari i centri nervosi. Con il secondo invece, si parte da una posizione supina, sollevando la testa e contemporanemanete le gambe verso l’alto, per poi riportarle alla posizione di partenza, inspirando.
Terzo degli esercizi tibetani, si pratica in ginocchio, con le mani appoggiate sui glutei, mento al petto. Inspirando si inclinano testa, spalle e schiena all’indietro. Si apre la bocca inarcando, per distendere meglio i muscoli anteriori del collo, poi si torna in avanti espirando attraverso il naso o la bocca.
Il quarto si fa da seduti con le gambe allungate, schiena dritta, mani appoggiate di fianco alle anche, mento contro il petto. Con l’inspirazione si sale “a ponte” e poi si torna a terra espirando.
Quinto ed ultimo degli esercizi tibetani, va eseguito da proni toccando terra solo con mani e dita dei piedi, in posizione sospesa con il resto del corpo. Si solleva il bacino, tenendo le gambe e le braccia dritte in modo da formare una sorta di V capovolta. Si torna verso il basso senza toccare terra con il tronco e portando la testa all’indietro.
Le origini di questi cinque esercizi tibetani, sono avvolte dal mistero.
Infatti, si vocifera di un plagio ai danni del romanzo “Orizzonte Perduto” di James Hilton, pare che siano frutto di una copia revisionata. in barba alle numerose pubblicazioni su questo argomento in quegli anni alla scoperta dell’Oriente. Altri affermano che addirittura, quello di Kelder sia solo lo pseudonimo di una donna.
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